Posso affittare una stanza senza contratto?


 Sei alla ricerca di una sistemazione flessibile, magari come studente fuori sede o giovane lavoratore, e ti sei imbattuto nell’offerta di una stanza accogliente ma… senza formalità? La proposta di un accordo “sulla parola”, evitando scartoffie e burocrazia, può sembrare allettante. Tuttavia, prima di stringere la mano, è essenziale porsi questa domanda fondamentale: posso affittare una stanza senza contratto?

Basandoci sulla normativa attualmente in vigore, la risposta per le locazioni ad uso abitativo è negativa. Affidarsi a un accordo verbale non è solo una pratica rischiosa ma, nella maggior parte dei casi, giuridicamente invalida. Questo può portare a conseguenze spiacevoli e complicate sia per chi mette a disposizione la stanza (il locatore) sia per chi la occupa (il conduttore o inquilino).

In questa guida, faremo chiarezza sul perché la legge richieda la forma scritta per gli affitti abitativi, esploreremo le rare eccezioni e analizzeremo nel dettaglio cosa comporta realmente decidere di bypassare la stipula di un contratto regolare e registrato presso l’Agenzia delle Entrate.

È obbligatorio avere un contratto scritto per affittare una stanza?

Per le locazioni ad uso abitativo, la legge italiana è molto chiara. La Legge 9 dicembre 1998, n. 431, che disciplina gli affitti di immobili destinati all’abitazione, stabilisce all’articolo 1, comma 4, che «per la stipula di validi contratti di locazione è richiesta la forma scritta». Questo requisito si applica senza distinzioni sia che si affitti un intero appartamento, sia che si affitti solo una porzione di esso, come appunto una singola stanza (configurando una “locazione parziale”).

La giurisprudenza (come confermato da sentenze quali Trib. Latina n.64/2024, Trib. Velletri n. 2146/2022 e n. 2399/2018) interpreta questa norma in modo rigoroso: la forma scritta è richiesta ad substantiam: questo termine legale significa che la scrittura non serve solo a dimostrare l’esistenza del contratto (ad probationem), ma è un elemento essenziale per la sua stessa validità. Senza un documento scritto, il contratto di locazione abitativa, dal punto di vista legale, è come se non esistesse: è cioè nullo.

Ad esempio, anche se hai concordato verbalmente il canone, la durata e le regole con il proprietario per l’affitto di una camera, senza un contratto firmato da entrambi, quell’accordo non ha valore legale come contratto di locazione abitativa secondo la L. 431/98. Per le locazioni parziali, inoltre, è fondamentale che ilcontratto scritto specifichi quali parti dell’immobile sono ad uso esclusivo dell’inquilino (la stanza) e quali sono ad uso comune (es. bagno, cucina, soggiorno) [Corte di Giustizia Tributaria di 1° grado di Roma, n. 8619/2023].

Perché la legge impone il contratto scritto per gli affitti abitativi?

L’obbligo della forma scritta non è un mero formalismo fine a se stesso. Ha delle ragioni ben precise, volte a contrastare l’evasione fiscale e il fenomeno degli affitti “in nero”, garantendo che i redditi derivanti dalle locazioni siano dichiarati e tassati correttamente. Difatti, come vedremo meglio più avanti, tutti i contratti di locazione devono essere altresì registrati all’Agenzia delle Entrate. La registrazione deve essere curata dal locatore entro 30 giorni (dandone comunicazione all’inquilino nei 60 giorni successivi).

Cosa succede se affitto una stanza solo con un accordo verbale?

Salvo un’eccezione molto specifica (che vedremo tra poco), ladella mancanza della forma scritta per un contratto di locazione abitativa è la sua nullità. Si tratta, di regola, di una nullità assoluta [Trib. Velletri, sent. n. 2146/2022]. Questo significa che:

  • il contratto è privo di qualsiasi effetto giuridico sin dall’inizio;
  • la nullità può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse (sia il locatore che il conduttore);
  • può essere rilevata d’ufficio dal giudice in una causa, anche se nessuna delle parti l’ha sollevata;
  • l’eventuale esecuzione di fatto del rapporto (l’inquilino abita la stanza, il proprietario incassa l’affitto) non sana il vizio. Il contratto resta nullo.

C’è qualche eccezione alla regola della nullità?

Esiste un’unica, importante eccezione prevista dall’articolo 13, comma 6, della Legge 431/1998, interpretata dalle Sezioni Unite della Cassazione. Questa eccezione si applica solo ed esclusivamente quando la forma verbale del contratto è stata imposta dal locatore al conduttore, approfittando della sua posizione di forza o della necessità abitativa dell’inquilino. conseguenza direttaIn questo specifico scenario:

  1. solo il conduttore (l’inquilino) può agire in giudizio:
  2. l’azione si chiama “azione di riconduzione”;
  3. con questa azione, l’inquilino chiede al giudice di accertare l’esistenza del rapporto di fatto e di “ricondurlo” a condizioni legali: il giudice determinerà il canone (spesso basandosi sui valori dei contratti concordati in quella zona) e la durata del contratto (solitamente quella legale, es. 4+4 anni);

È fondamentale che il conduttore dimostri l’imposizione da parte del locatore. Non basta dire che il contratto era verbale; bisogna provare che è stato il proprietario a rifiutare la forma scritta o a imporla verbalmente [Cass. Civ., Sez. 3, N. 5794 del 28-02-2019]. La registrazione di un contratto con firma falsa dell’inquilino, ad esempio, può essere un forte indizio di questa imposizione.Se, invece, la forma verbale è stata una scelta consapevole e condivisa da entrambe le parti, o se l’inquilino non riesce a provare l’imposizione subita, si torna alla regola generale: nullità assoluta. In tal caso, il locatore potrebbe chiedere il rilascio dell’immobile per occupazione senza titolo, e l’inquilino potrebbe (teoricamente) chiedere la restituzione di quanto pagato se ritenuto eccessivo (come pagamento senza causa – indebito oggettivo) [Cass. Civ., Sez. 3, N. 5794 del 28-02-2019].

Come si distingue l’affitto di una stanza da un B&B o dall’ospitalità?

È importante non confondere la locazione di una stanza con altre forme di messa a disposizione di un alloggio, che seguono regole diverse (e per le quali la forma scritta ad substantiam della L. 431/98 potrebbe non essere richiesta):


  • affittacamere / Bed & Breakfast (B&B): la differenza chiave sta nella fornitura di servizi aggiuntivi di tipo personale e para-alberghiero. Non basta fornire la stanza arredata, le utenze (luce, gas, acqua, internet) o effettuare pulizie e cambio biancheria solo tra un ospite e l’altro. Per essere B&B o affittacamere servono servizi come il riassetto quotidiano della camera, il cambio biancheria durante il soggiorno, la somministrazione della colazione [Trib. Milano, n. 1947/2018, n. 11275/2018; Cass. Civ., Sez. 5, n. 32700 del 16-12-2024]. Queste sono attività spesso di natura imprenditoriale (anche se talvolta occasionali [CGT Taranto, n. 1683/2022]) e soggette a normative
  • specifiche, anche regionali;
  • comodato / ospitalità: il comodato (art. 1803 c.c.) è un contratto essenzialmente gratuito, dove si concede l’uso di un bene senza chiedere un canone, al massimo un piccolo rimborso spese (comodato “modale”). L’ospitalità offerta per cortesia, amicizia o legami familiari è anch’essa gratuita. Manca il pagamento di un corrispettivo periodico, elemento tipico della locazione;
  • co-working / uso di spazi condivisi: questi contratti, spesso usati per scopi lavorativi, riguardano l’uso non esclusivo e limitato nel tempo di postazioni o aree, a differenza della locazione che concede il godimento stabile ed esclusivo di una porzione definita (la stanza) [Trib. Pavia, n. 240/2016].
  • Se l’accordo reale maschera una locazione abitativa sotto un’altra forma (es. un finto comodato gratuito a fronte di pagamenti “extra”) per eludere l’obbligo di forma scritta e registrazione, si rischia che il giudice riqualifichi il contratto come locazione, con tutte le conseguenze del caso.

    Oltre alla forma scritta, ci sono altri obblighi?

    Sì, un altro obbligo fondamentale per i contratti di locazione (inclusi quelli di stanze) è la registrazione presso l’Agenzia delle Entrate. Questa deve avvenire entro 30 giorni dalla data di stipula del contratto o dalla sua decorrenza, se precedente. L’obbligo di registrazione riguarda anche i contratti verbali (sebbene nulli per la L.

    431/98) e quelli “ricondotti” dal giudice nel caso di imposizione del locatore.

    La spesa per la registrazione grava per metà sul locatore, per metà sull’inquilino. Il contratto, però, può porre tale onere a carico solo del locatore.

    La registrazione non è dovuta solo nel caso delle locazioni con durata inferiore a 30 giorni: sono le cosiddette “locazioni brevi”. Questo però non toglie l’obbligo della forma scritta del contratto.

    La mancata registrazione comporta sanzioni fiscali sia per il locatore che, in solido, per il conduttore. Inoltre, la legge (art. 1, comma 346, L. 311/2004 e la stessa L. 431/98 all’art. 13) collega alla mancata registrazione anche una forma di nullità o

    Quali rischi nell’affittare una stanza in nero?

    Affittare o prendere in affitto una stanza “in nero”, cioè senza contratto scritto e registrato, espone entrambe le parti a una serie di rischi significativi:

    • per l’inquilino (conduttore):
      • non poter far valere la durata minima legale, non avere certezze sul canone, difficoltà a pretendere riparazioni, rischio di essere allontanato senza preavviso formale (poiché occupa “senza titolo”);
      • impossibilità di dimostrare i termini dell’accordo in caso di dispute [Trib. Roma, n. 15071/2017, n. 9265/2017];
      • rischio di essere chiamato a rispondere in solido per la mancata registrazione.
    • per il proprietario (locatore):
      • impossibilità di usare le procedure rapide di sfratto per morosità o finita locazione. Dovrà intraprendere un’azione più lunga e complessa di occupazione senza titolo;
      • impossibilità di recuperare l’importo del canone pattuito verbalmente;
      • accertamenti per evasione fiscale sui canoni non dichiarati e sanzioni per mancata registrazione;
      • rischio “azione di riconduzione”: se ha imposto la forma verbale, rischia di vedersi imporre dal giudice un canone basso e una durata lunga.

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