Vendita prima casa: cosa fare per non perdere i benefici fiscali
Bonus prima casa: come non perdere l’agevolazione acquistando una seconda casa.
Bonus prima casa: come non perdere l’agevolazione acquistando una seconda casa.
Chi acquista un’abitazione usufruendo del bonus prima casa non può venderla prima di cinque anni, a meno che, nell’anno successivo, non ne acquisti un’altra che risponda agli stessi requisiti previsti per l’agevolazione fiscale in commento.
In questo articolo vedremo, in caso di vendita della prima casa, cosa fare per non perdere i benefici fiscali. Ci occuperemo quindi della cessione dell’immobile e del riacquisto nonché delle situazioni di «forza maggiore» che impongono la vendita dell’immobile per impossibilità di pagare il mutuo. Ma procediamo con ordine.
Bonus prima casa
Il bonus prima casa è un’agevolazione fiscale che spetta una tantum all’atto dell’acquisto. In particolare, l’acquirente può scontare l’Iva al 4% anziché al 10% oppure, nel caso di acquisto da privato, l’imposta di registro al 2% anziché al 9% se:
- la casa non rientra tra le abitazioni di lusso (ossia nelle categorie A/1, A/8 o A/9);
- la casa è nello stesso Comune di residenza del contribuente (il quale ha 18 mesi dal rogito per completare la pratica di trasferimento) o del luogo ove questi lavora;
- il contribuente non ha altre abitazioni nello stesso Comune (che altrimenti andrebbero cedute prima del rogito);
- il contribuente non ha un’abitazione acquistata in precedenza con il bonus prima casa (diversamente ha un anno di tempo per venderla o donarla).
Il divieto di vendita della prima casa
Per evitare fini speculativi, la legge subordina il bonus prima casa al divieto di rivendere l’immobile nei primi 5 anni dall’acquisto. Diversamente si perdono i benefici fiscali e il contribuente è tenuto a:
- versare le imposte risparmiate all’atto dell’acquisto (ossia la differenza tra quanto pagato a titolo di IVA o imposta di registro e quanto invece avrebbe dovuto pagare);
- versare una sanzione del 30% su tale importo.
Per evitare fini speculativi, la legge subordina il bonus prima casa al divieto di rivendere l’immobile nei primi 5 anni dall’acquisto. Diversamente si perdono i benefici fiscali e il contribuente è tenuto a:
- versare le imposte risparmiate all’atto dell’acquisto (ossia la differenza tra quanto pagato a titolo di IVA o imposta di registro e quanto invece avrebbe dovuto pagare);
- versare una sanzione del 30% su tale importo.
Vendita prima casa: come non perdere le agevolazioni
La decadenza dal bonus prima casa per il caso di vendita prima di cinque anni dall’acquisto è soggetta a una eccezione. Il contribuente non perde l’agevolazione e non è quindi soggetto neanche al pagamento delle sanzioni se, entro un anno dalla vendita, acquista o riceve in donazione un’altra casa da adibire ad abitazione principale. Tuttavia il nuovo immobile deve soddisfare i requisiti per l’agevolazione “prima casa”.
Per evitare la decadenza è sufficiente che l’abitazione acquistata sia adibita ad abitazione principale dell’acquirente che potrebbe nel frattempo anche aver acquistato altro immobile nello stesso Comune in cui riacquista.
Non è sufficiente la stipula, entro un anno, del solo preliminare di compravendita poiché questo non comporta il trasferimento della proprietà.
Che succede invece se il contribuente non può riacquistare una nuova proprietà (si pensi a una persona costretta a vendere la casa perché, per sopravvenute impossibilità economiche, non può pagare il mutuo)? In questo caso, è necessario presentare, prima che sia decorso l’anno dalla vendita, un’apposita istanza all’Agenzia delle Entrate presso il quale è stato registrato l’atto di acquisto manifestando che non si intende procedere al nuovo acquisto. Con l’istanza si chiede la riliquidazione dell’imposta. L’Ufficio notifica apposito avviso di liquidazione dell’imposta dovuta e degli interessi a decorrere dalla stipula dell’acquisto senza irrogare le sanzioni. In buona sostanza, si dovrà comunque corrispondere la differenza tra l’imposta dovuta e quella all’epoca versata ma si evita la sanzione del 30%.
Invece se il contribuente, lascia trascorrere il termine di 12 mesi, senza acquistare un nuovo immobile o comunicare all’ufficio dell’Agenzia l’intenzione di non voler più fruire dell’agevolazione, si verifica la decadenza dai benefici “prima casa” goduti. In questo caso, egli dovrà versare non solo la differenza delle imposte ma anche la sanzione del 30%. Tuttavia, se non gli è stato ancora notificato un atto di liquidazione o un avviso di accertamento, il contribuente può comunque avvalersi del ravvedimento operoso e ottenere la riduzione delle sanzioni.
Vendita entro 5 anni di una porzione dell’immobile
Potrebbe succedere che, prima del decorso dei cinque anni, il contribuente venda solo una porzione dell’immobile. In tal caso:
- se la porzione di abitazione rimanente è idonea a soddisfare le esigenze abitative del soggetto, si ha una perdita parziale dell’agevolazione per la parte di immobile (con eventuale pertinenza) venduto. Bisognerà quindi versare la differenza tra l’imposta calcolata con aliquota ordinaria e quella versata con aliquota ridotta, limitatamente alla parte di valore della porzione di immobile trasferito, con sanzione del 30% della maggiore imposta e relativi interessi;
- se la porzione di fabbricato rimanente non è idonea a soddisfare le esigenze abitative del soggetto, si rimane soggetti alle sanzioni ordinarie: l’ipotesi è quindi equiparata alla vendita totale dell’immobile.
Potrebbe succedere che, prima del decorso dei cinque anni, il contribuente venda solo una porzione dell’immobile. In tal caso:
- se la porzione di abitazione rimanente è idonea a soddisfare le esigenze abitative del soggetto, si ha una perdita parziale dell’agevolazione per la parte di immobile (con eventuale pertinenza) venduto. Bisognerà quindi versare la differenza tra l’imposta calcolata con aliquota ordinaria e quella versata con aliquota ridotta, limitatamente alla parte di valore della porzione di immobile trasferito, con sanzione del 30% della maggiore imposta e relativi interessi;
- se la porzione di fabbricato rimanente non è idonea a soddisfare le esigenze abitative del soggetto, si rimane soggetti alle sanzioni ordinarie: l’ipotesi è quindi equiparata alla vendita totale dell’immobile.
Che succede se si vende entro 5 anni una pertinenza?
Se, prima dei cinque anni, il contribuente vende solo una pertinenza dell’abitazione acquistata con il bonus prima casa, si ha una decadenza dell’agevolazione con recupero della maggiore imposta relativamente alla pertinenza ceduta; l’eventuale successivo acquisto di una pertinenza può fruire dell’aliquota agevolata (ricorrendo gli ordinari requisiti) ma non del credito d’imposta.
Che succede se si cede entro 5 anni la nuda proprietà?
Se il contribuente, prima dei cinque anni, cede solo la nuda proprietà riservandosi l’usufrutto, si ha la decadenza dell’agevolazione salvo che il venditore proceda ad acquistare un altro immobile da adibire ad abitazione principale.
La perdita del beneficio riguarda la parte di prezzo corrispondente al diritto parziale ceduto, calcolato applicando al prezzo dichiarato nell’atto di acquisto i coefficienti per la determinazione dei diritti di usufrutto allegati.
Se, prima dei cinque anni, il contribuente vende solo una pertinenza dell’abitazione acquistata con il bonus prima casa, si ha una decadenza dell’agevolazione con recupero della maggiore imposta relativamente alla pertinenza ceduta; l’eventuale successivo acquisto di una pertinenza può fruire dell’aliquota agevolata (ricorrendo gli ordinari requisiti) ma non del credito d’imposta.
Che succede se si cede entro 5 anni la nuda proprietà?
Se il contribuente, prima dei cinque anni, cede solo la nuda proprietà riservandosi l’usufrutto, si ha la decadenza dell’agevolazione salvo che il venditore proceda ad acquistare un altro immobile da adibire ad abitazione principale.
La perdita del beneficio riguarda la parte di prezzo corrispondente al diritto parziale ceduto, calcolato applicando al prezzo dichiarato nell’atto di acquisto i coefficienti per la determinazione dei diritti di usufrutto allegati.
Si può dare in affitto l’abitazione comprata con il bonus prima casa?
Non c’è perdita dell’agevolazione se il contribuente si limita a dare in locazione l’immobile acquistato con il bonus prima casa, a patto però che mantenga la propria residenza nel Comune ove il bene si trova per almeno 18 mesi dal rogito.
Acquisto seconda casa se la prima non è più adeguataLa Cassazione, nel 2009, ha aperto un nuovo capitolo nel mondo immobiliare, permettendo l’acquisto di una seconda abitazione con l’agevolazione “prima casa”, anche senza cedere l’immobile primario. Questa possibilità diviene realtà quando l’abitazione originaria si dimostra non più adatta alle esigenze del proprietario.
L’inadeguatezza può dipendere da situazioni oggettive, come per esempio nel caso in cui un disastro naturale, tipo un terremoto, renda la casa inabitabile. Ma può anche discendere da circostanze soggettive, come quando l’arrivo di un nuovo componente in famiglia richieda uno spazio abitativo più ampio, oppure quando, una volta che i figli si siano trasferiti per conto proprio, l’immobile risulti eccessivamente grande.
Altre situazioni che possono determinare l’inidoneità di un’abitazione includono un accesso reso impossibilea causa di una casa situata in un piano alto di un edificio senza ascensore, in caso di incidente che limiti la mobilità del proprietario o di vecchiaia e disabilità. Può essere considerata inidonea anche un’abitazione che, a causa di un cambiamento nelle condizioni di salute del proprietario, risulti situata in un luogo insalubre, o che divenga irraggiungibile dal luogo di studio o di lavoro. Infine, l’inadeguatezza potrebbe essere determinata da una casa fatiscente opriva di impianti o servizi necessari.
A fronte di questa svolta interpretativa, anche l’Agenzia delle Entrate, pur avendo inizialmente adottato una posizione più restrittiva, ha successivamente rivisto la sua posizione. Con una risoluzione approvata recentemente, l’Agenzia ha allineato la sua interpretazione a quella della Cassazione, stabilendo che la proprietà di una casa divenuta inabitabile per ragioni oggettive (come, ad esempio, a seguito di un terremoto) non impedisce al contribuente di acquistare un altro immobile beneficiando dell’agevolazione “prima casa”. Ora, anche secondo l’amministrazione fiscale, è possibile acquistare una seconda abitazione con il bonus prima casa se l’abitazione precedente risulta non più abitabile.
La vendita della casa per forza maggiore
Secondo la Cassazione (ord. n. 678/2017) perde l’agevolazione fiscale sulla prima casa il contribuente che invoca la cassa integrazione come causa di forza maggiore della vendita dell’immobile se non dimostra che a causa dei minori introiti non può pagare le rate del mutuo.
Non c’è perdita dell’agevolazione se il contribuente si limita a dare in locazione l’immobile acquistato con il bonus prima casa, a patto però che mantenga la propria residenza nel Comune ove il bene si trova per almeno 18 mesi dal rogito.
Acquisto seconda casa se la prima non è più adeguataLa Cassazione, nel 2009, ha aperto un nuovo capitolo nel mondo immobiliare, permettendo l’acquisto di una seconda abitazione con l’agevolazione “prima casa”, anche senza cedere l’immobile primario. Questa possibilità diviene realtà quando l’abitazione originaria si dimostra non più adatta alle esigenze del proprietario.
L’inadeguatezza può dipendere da situazioni oggettive, come per esempio nel caso in cui un disastro naturale, tipo un terremoto, renda la casa inabitabile. Ma può anche discendere da circostanze soggettive, come quando l’arrivo di un nuovo componente in famiglia richieda uno spazio abitativo più ampio, oppure quando, una volta che i figli si siano trasferiti per conto proprio, l’immobile risulti eccessivamente grande.
Altre situazioni che possono determinare l’inidoneità di un’abitazione includono un accesso reso impossibilea causa di una casa situata in un piano alto di un edificio senza ascensore, in caso di incidente che limiti la mobilità del proprietario o di vecchiaia e disabilità. Può essere considerata inidonea anche un’abitazione che, a causa di un cambiamento nelle condizioni di salute del proprietario, risulti situata in un luogo insalubre, o che divenga irraggiungibile dal luogo di studio o di lavoro. Infine, l’inadeguatezza potrebbe essere determinata da una casa fatiscente opriva di impianti o servizi necessari.
A fronte di questa svolta interpretativa, anche l’Agenzia delle Entrate, pur avendo inizialmente adottato una posizione più restrittiva, ha successivamente rivisto la sua posizione. Con una risoluzione approvata recentemente, l’Agenzia ha allineato la sua interpretazione a quella della Cassazione, stabilendo che la proprietà di una casa divenuta inabitabile per ragioni oggettive (come, ad esempio, a seguito di un terremoto) non impedisce al contribuente di acquistare un altro immobile beneficiando dell’agevolazione “prima casa”. Ora, anche secondo l’amministrazione fiscale, è possibile acquistare una seconda abitazione con il bonus prima casa se l’abitazione precedente risulta non più abitabile.
La vendita della casa per forza maggiore
Secondo la Cassazione (ord. n. 678/2017) perde l’agevolazione fiscale sulla prima casa il contribuente che invoca la cassa integrazione come causa di forza maggiore della vendita dell’immobile se non dimostra che a causa dei minori introiti non può pagare le rate del mutuo.
Il collegio rigetta il ricorso di moglie e marito che avevano acquistato un appartamento usufruendo delle agevolazioni sulla prima casa. Messo in cassa integrazione il contribuente, la coppia riceveva dal fisco un avviso di liquidazione per il recupero del beneficio, contestato perché il collocamento in Cig aveva costretto i due a mettere in vendita l’immobile. La Ctr, invece, è dell’avviso che l’impedimento dedotto non avrebbe potuto legittimare la vendita dell’appartamento già acquistato con le agevolazioni fiscali. Alle stesse conclusioni si spinge il Palazzaccio che rigetta il ricorso di marito e moglie.
Il collegio rigetta il ricorso di moglie e marito che avevano acquistato un appartamento usufruendo delle agevolazioni sulla prima casa. Messo in cassa integrazione il contribuente, la coppia riceveva dal fisco un avviso di liquidazione per il recupero del beneficio, contestato perché il collocamento in Cig aveva costretto i due a mettere in vendita l’immobile. La Ctr, invece, è dell’avviso che l’impedimento dedotto non avrebbe potuto legittimare la vendita dell’appartamento già acquistato con le agevolazioni fiscali. Alle stesse conclusioni si spinge il Palazzaccio che rigetta il ricorso di marito e moglie.
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